Un braccio di monte penetrò nel lago e sul promontorio tra acque limpide e cielo turchese sorse agli inizi dell’anno mille un monastero di contemplazione e preghiera. Fu poi casa del Card. Durini che lo abbellì e via, via, di nobiltà borghese di letterati ed artisti ed infine la dimora di un industriale del novecento che si mutò in avventuroso scopritore e filantropo per farne il suo scrigno e la tomba. Senza eredi donò la Villa al FAI per la pubblica ammirazione.
Un complesso di tre palazzetti comunicanti e digradanti sull’imbarcadero del lago, un composito arredamento denso di memorie e dei costumi dei popoli visitati, della loro arte e del loro pensiero di antica civiltà e religione.
Siamo giunti a Villa Balbianello bordeggiando il monte ed attorno lo splendore delle anse azzurre in un giorno inatteso di primavera.
Il primo impatto è stato con la Loggia del Card. Durini ricca di balaustre e colonne avvinte da ficus sempreverdi, ai piedi la rosa dei venti ad intarsio, sul fronte lo stemma patrizio dei conti Arconati Visconti.
Quindi la passeggiata entro le ville e le stanze arredate che narrano del suo proprietario ardito: la Biblioteca, la Stanza del Cartografo, il Museo delle Spedizioni “todos lo mundo”, le Sale d’Arte, lo Studio, gli appartamenti per gli Ospiti e quello disdegnato dalla madre, il Salotto del Fumo essendo Guido Monzino un imperterrito fumatore a Villa Balbianello quanto al Polo Nord e nelle dune del deserto del Gobi.
Infine le fotografie nel giardino e nei viali alberati, modellati a nuovo dal FAI secondo la volontà espressa nel testamento dal donatore.
Dopo il pranzo in una trattoria di Lenno l’aliscafo ci ha traslati sino all’imbarcadero di Como, a quattro passi dal Duomo dedicato alla Vergine Assunta Cattedrale della città, Sede Vescovile sin dal tempo di Santo Ambrogio.
Contemporaneo a quello di Milano ed alla Certosa di Pavia il Duomo fu eretto a fianco del Broletto, a danno del Palazzo Pretorio, ma impreziosito a partire dal Quattrocento da una felice fusione tra stile Gotico, Rinascimentale e Barocco della Controriforma cattolica. Posa su tre navate e tre absidi con una sola cupola.
A guidarci nella visita due giovani liceali incaricati dalla Diocesi nell’ambito di un progetto Studio-Lavoro. Tra altari, teche, retabli, tombe e Battistero, le pale ed i dipinti del Morazzone, del Ferrari e del Bernardino Luini sino all’Altare Maggiore in marmo bianco scolpito.
Unico cruccio una illuminazione stentata. Fuori dal Duomo e sulla piazza antistante il lago, la frenesia serale del traffico ed il sole che ad occidente ci abbandonava.
20 marzo 2018
Mario Rigo